Il moscato è uno dei vitigni più antichi in assoluto, che si è diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo sulle rotte delle navi greche. Dalla città di Marsiglia, fondata dai coloni Focesi, è stato portato in Liguria e poi in Piemonte. Proprio nelle terre delle attuali provincie di Asti, Cuneo e Alessandria, ha trovato un habitat perfetto per ambientarsi. Le dolci colline, con belle esposizioni ventilate e il clima fresco, permettono la maturazione di uve con corredi aromatici particolarmente intensi. Le vigne si trovano a un’altitudine compresa tra i 250 e i 650 metri sul livello del mare, su pregiati suoli di marne calcaree, con poca presenza d’argilla. Nella sua versione più famosa e conosciuta a livello internazionale, il Moscato d’Asti è spumantizzato con il Metodo Martinotti, ovvero con la presa di spuma in autoclave. I grandi recipienti d’acciaio sono riempiti con il vino base e addizionati con zucchero e lieviti, per avviare la seconda fermentazione. Quando il vino ha raggiunto un grado alcolico di circa 5%, la temperatura viene abbassata in modo da fermare la fermentazione e mantenere un residuo zuccherino, che renderà poi lo spumante dolce. Il metodo Martinotti è particolarmente adatto alla spumantizzazione delle uve aromatiche, perché permette di mantenere i profumi e gli aromi originari dell’uva e garantire una piacevole fragranza fruttata.
Il nome moscato deriva della parola muscum (muschio) a indicare uno dei profumi caratteristici dell’uva. Si tratta di un vitigno d’origine greca, poi diffuso in tutto il mediterraneo durante la colonizzazione ellenica. A seguito di mutazioni e incroci spontanei, oggi sono presenti numerose varietà di uva moscato, ma il moscato bianco rappresenta la tipologia più famosa e forse più antica. È una pianta dalla buona produzione, con grappoli medi, dagli acini grandi con buccia sottile. Il vino prodotto con l’uva moscato bianco, ha un colore giallo paglierino. Il bouquet è molto intenso e aromatico, con profumi muschiati, di fiori d’arancio e pesca bianca.